I Bambini si raccontano in Video, 2024
Riepilogo e programmi futuri
La prima rassegna
La prima uscita pubblica del progetto I Bambini si Raccontano in Video si è svolta a Brescia il 19 e 20 ottobre 2024. È stata un’occasione per stabilire contatti con numerosi operatori e realtà in Italia e nel mondo e per inquadrare i motivi, le prospettive e i problemi di attività che si svolgono trasversalmente nella scuola e nella società, tra opportunità e contraddizioni.
Nell’incontro di sabato 19 al Parco dell’Acqua si è discusso di come proseguire, concretamente, con una piattaforma in rete utile e funzionale e attività varie da remoto e in presenza, superando le difficoltà incontrate nella preparazione della rassegna, soprattutto con le scuole.
Opportunità e problemi
Il progetto ha interlocutori in varie parti del mondo, con opportunità teoricamente enormi, ma è soprattutto in Italia e in particolare nella scuola che realizzare e condividere opere video con i bambini non è semplice.
C’è il contesto generale, la connessione non stop in cui oggi siamo e ci raccontiamo di essere immersi, sempre con gli occhi al telefonino, che funziona soprattutto in senso verticale, con il bombardamento continuo di notizie e pubblicità da parte dei grandi operatori del Web e del mercato, mentre in senso orizzontale, anche quando si cerca di andare oltre le banalità e le baruffe da social network, facilmente ci si disperde: abbiamo fatto cose belle, ci siamo scambiati esperienze e idee, abbiamo anche prodotto testi, immagini, video, contenuti veri e non banali… ma adesso che cosa ne facciamo? Come condividiamo tutto questo fuori dal nostro gruppo perché si conosca, come lo organizziamo in modo da renderlo utilizzabile?
Inoltre, mentre le compagnie del Web dai social network accumulano ogni genere di dati personali e automaticamente nei loro cloud anche le immagini che produciamo con i telefonini e altri dispositivi sempre meno controllabili, come i meta glasses, nella scuola le regole per la diffusione di fotografie e video in cui compaiono i “minori” sono spesso applicate in modo ossessivo, come se mostrare le loro facce non fosse solo una questione di riservatezza, ma rappresentasse davvero un pericolo incombente. Si rinuncia di fatto all’uso attivo del più diffuso linguaggio del pianeta, alfabeto universale della società dell’informazione e, non educando i ragazzi a un uso responsabile dei mezzi di produzione di immagini che fin da piccoli maneggiano, li si lascia fuori dalle aule con i loro telefonini completamente in balia del mercato.
Poi, anche quando si superano resistenze e paure e le produzioni video sono addirittura incoraggiate dalle istituzioni - in Italia per esempio con i corsi e i laboratori di cinema a scuola promossi dal ministero – il fatto che i bambini possano giocare con i mezzi ed elaborare in modo autonomo contenuti e linguaggi e raccontare di sé anche in modo originale – una delle idee base del nostro progetto - non è di regola presa in considerazione. Nelle classi per lo più si insegna il cinema, spesso ripetendo didattiche vecchie, di quando la produzione audiovisiva non era di massa come oggi, e poi li si impegna in opere che affrontano soprattutto temi prestabiliti, il bullismo, l’inclusione, l’ecologia, la memoria. E le opere che ne risultano, anche meritevoli per impegno, studio e ricerca, sono facilmente stereotipate, raramente interessanti al di fuori della cerchia scolastica e – lo si è sottolineato durante la discussione di gruppo - in definitiva noiose. Quasi nessuno del resto si aspetta che i giovanissimi possano fare di più.
Reti locali e globali
A livello locale, a Brescia e dintorni, nel cercare rapporti e relazioni, oltre le difficoltà abbiamo individuato realtà scolastiche in cui i bambini e i ragazzi producono opere video e multimediali non confinate all’interno degli istituti, nella didattica o nel rapporto con le famiglie, ma che si aprono al territorio, consapevolmente facendo attivamente cultura nella società, insieme con soggetti diversi, pubblici e privati.
A livello globale, i collegamenti nazionali e internazionali devono trovare modi semplici ed efficaci per mantenersi vivi, stimolare uno scambio di idee non episodico e partecipazione alle rispettive iniziative, costruendo una cultura e pratiche comuni o comunque condivise.
Tracciare schemi e mappe di connessioni locali e globali esistenti, possibili o anche mancate può, dall’analisi della realtà, aiutare a costruire quelle reti di cui si parla tanto da anni ma che, al di fuori di contesti specializzati e davvero competenti nell’applicazione delle tecnologie, per lo più non funzionano, non trovano le “interfacce” adatte. Mentre prevale l’abitudine a vecchi stili di lavoro, combinati con nuove sudditanze al mercato, che ci fanno sfruttare in modo estremamente parziale e distorto le opportunità enormi che, nel giro di pochissimo tempo, ci siamo ritrovati ad avere tutti a disposizione e che per i più, all’inizio delle loro vite, carriere e formazione, non erano immaginabili nemmeno nella fantascienza.
Una biblioteca multimediale in rete, l’organizzazione
Abbiamo iniziato a raccogliere in una mediateca in rete gli indirizzi di opere video di bambini, in collegamento diretto, per email, per telefono, sulle reti sociali, con coloro che le hanno pubblicate. Per rendere intanto almeno un po’ l’idea della quantità e varietà delle produzioni video dei bambini nel mondo, oltre gli stereotipi che li vedrebbero attratti soltanto da Tik Tok.
Ora, a partire dal gruppo coinvolto nella rassegna appena conclusa, definendo in modo preciso disponibilità e compiti, anche minimi, di chi sceglie di partecipare, serve costituire qualcosa come una segreteria, una redazione, che organizzi e mantenga la piattaforma e il sito web in modo che il visitatore non sia lasciato solo con se stesso, ma aiutato a orientarsi attraverso percorsi guidati piacevoli e interessanti.
Serve ricercare un rapporto costante con gli interlocutori – scuole, formatori, ricercatori, associazioni, istituzioni educative a ogni livello, manifestazioni e festival nel mondo, studenti, cittadini interessati - che ci seguono anche da lontano, con la pubblicazione di aggiornamenti periodici e news letter, la segnalazione puntuale di quello che facciamo e di quanto ci viene segnalato, l’applicazione visibile dei consigli e suggerimenti che ci arrivano, in modo da sollecitare forme libere e spontanee di partecipazione.
Il lavoro, inizialmente su base volontaria, non appena individuati i meccanismi minimi di funzionamento, deve trovare il modo di rimborsare e in prospettiva retribuire alcune figure, per attività part time ma continue su cui si possa contare. Serve per questo un supporto amministrativo presso un’organizzazione radicata nel settore, a cui appoggiarsi per la parte progettuale, burocratica e finanziaria.
Oltre che ricercare sponsor e collaborazioni e concorrere nei bandi, si può puntare all’organizzazione di corsi, laboratori, seminari, conferenze online e in presenza, e altre attività basate sulle competenze e le professionalità dei partecipanti alla rete, che coordinandosi possono venire valorizzate.
Gli obiettivi
"Finding evidence of children's voices in history!" (Trovare le prove delle voci dei bambini nella storia!) è una frase che mi è stata scritta in una chat e che riassume bene il modo come il progetto può proiettarsi all’esterno, verso l’opinione pubblica.
Data la scarsa rilevanza attribuita di solito alle opere dei bambini, serve imparare a guardarci dentro, per tirare fuori e mettere in evidenza quelle parti in cui vanno oltre, quando si aiutano l’un l’altro nella scoperta dei mezzi, al di là di quello che un adulto potrebbe loro “insegnare”, quando osservando il mondo attraverso l’obiettivo scoprono e ci mostrano una realtà trasformata dalla meraviglia, dal gioco, dall’ironia, e una “logica bambina” che sa stabilire tra le persone, le cose e i fatti relazioni diverse. Oltre le lezioni rituali dei maestri, la correttezza formale dei linguaggi, o il conformismo dei formati e canali di moda.
Attraverso un lavoro di “archeologia digitale” che riporti alla luce anche reperti multimediali sepolti e dimenticati nei decenni, possiamo svelare un’infanzia che non è quella immaginata dal senso comune, istruita dalla scuola, spiegata dagli psicologi, ma ci viene raccontata direttamente dai protagonisti, grazie all’uso in prima persona di mezzi facili e potenti che ormai da un diversi anni sono a disposizione anche dei bambini.
Percorsi di lavoro
Dato il sito web esistente e la rete di contatti, si tratta ora di lavorare su alcuni punti:
Paolo Beneventi, Brescia, 7 novembre 2024

